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Risolto il mistero delle “sfere gelatinose” negli abissi
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Risolto il mistero delle “sfere gelatinose” negli abissi

Avvistate negli ultimi 30 anni nel Mediterraneo e nell’Atlantico, solo l’esame del DNA ha permesso di risalire ai molluschi cefalopodi. Sandulli (UniParthenope): “Abbiamo compreso uno dei meccanismi più intriganti di madre natura”

di Pasquale Raicaldo
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Per risolvere l’intrigante mistero delle “sfere gelatinose”, più di novanta grandi bolle trasparenti del diametro medio di circa un metro osservate negli ultimi trent’anni nelle profondità del Mediterraneo e dell’Atlantico, in particolare nei mari scandinavi, c’è voluta una vera e propria task force. Più ricercatori scientifici che ineffabili Sherlock Holmes, a dire il vero, animati da una missione comune: comprendere di cosa si trattasse.

Materiale organico, senza dubbio: ma mancava un tassello fondamentale – l’esame del DNA – per capire a che specie appartenessero quelle che già nel 2011 Roberto Sandulli, docente di zoologia all’Università Parthenope di Napoli, aveva individuato come “teche ovariche” prodotte da femmine di molluschi cefalopodi.



L’enigma è stato risolto in questi giorni, come sintetizzano i risultati di uno studio internazionale confluiti in un articolo pubblicato da Scientific Report. “Grazie al prelievo da parte di alcuni subacquei norvegesi, nel 2019, di campioni organici di una di queste sfere e alle analisi del contenuto in DNA, abbiamo finalmente compreso che a produrre questi ‘contenitori di uova’ è il totano nero (Illex coindetii il nome scientifico), un totano cosmopolita molto apprezzato sulle nostre tavole, abbastanza comune nelle acque del Mediterraneo, ‘cugino’ del più costiero Todarodes sagittatus”.

E in effetti gli incontri con quelle enigmatiche sfere gelatinose, alcune delle quali presentavano un cordone centrale scuro e fluttuavano trasportate dalle correnti marine, avevano appassionato scienziati e fotografi subacquei suggerendo, nel maggio 2019, una campagna di “citizen science” promossa – su iniziativa dell’allora direttore Antonino Miccio – dall’area marina protetta di Punta Campanella, nella penisola sorrentina, uno dei luoghi di avvistamento delle teche ovariche.

La svolta è arrivata solo in queste settimane, come conferma l’articolo di Scientific Report, di cui Roberto Sandulli, unico italiano, è coautore insieme a Halldis Ringvold, Morag Taite, Louise Allcock, Michael Vecchione, Michel Péan, Roberto Sandulli, Geir Johnsen, Arne Fjellheim, Snorre Bakke, Hanne Sannæs, Ann-Elin Wårøy Synnes, José Coronel, Martin Hansen, Peter G. Olejar, Geir Eliassen, Anita Eliassen e Karl Klungland.

“C’è ancora molto da scoprire sulle teche ovariche dei molluschi cefalopodi – spiega ancora Sandulli – perché gli incontri sono rari e solo negli ultimi anni si sono avute documentazioni video in grado di farci comprendere un fenomeno appassionante: le femmine di alcuni molluschi cefalopodi, proprio come il totano nero, producono queste grandi teche gelatinose, gonfiate al di sotto del loro mantello, e vi depongono le uova fecondate: gli embrioni, arrivati a un certo punto del loro sviluppo, usciranno da questa protezione, funzionale a difenderli da predatori e fattori ambientali sfavorevoli, e inizieranno a nutrirsi autonomamente, prevalentemente di plancton. Questo – conclude il ricercatore – è soltanto il secondo articolo scientifico su un argomento appassionante e ancora da approfondire, ma che mostra ancora una volta la bellezza dei meccanismi evolutivi di madre natura”.

Ma siamo certi che tutte le sfere gelatinose avvistate nel Mediterraneo e nell’Atlantico appartengano alla stessa specie, e dunque al totano nero? “In assenza di campioni di tessuto da tutte le segnalazioni pervenute- spiegano i ricercatori – non è stato possibile effettuare analisi di DNA e non possiamo perciò affermare che tutte le masse sferiche segnalate siano prodotte dalla stessa specie. Ma a causa della somiglianza morfologica, della taglia simile e dei risultati delle analisi di DNA delle quattro sfere studiate, possiamo affermare che almeno una buona parte delle sfere osservate siano riconducibili al totano nero. Sarebbe interessante continuare gli studi anche su teche ovariche di provenienza mediterranea e su teche prodotte da altri Ommastrephidae (si tratta della famiglia che raggruppa diverse specie di ‘totani’, ndr), come ad esempio Todarodes sagittatus, Todaropsis eblanae e Ommastrephes bartramii”. Insomma, anche se il mistero sembra svelato, la ricerca non intende fermarsi.

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